La Serie 200 è un'automobile prodotta dalla casa automobilistica Volvo tra il 1974 ed il 1993.
Il successo della 140 e l'esigenza di mantenere all'avanguardia il modello, soprattutto sotto il profilo della sicurezza, portarono alla realizzazione della Serie 200, che delle 140/160 non era che un'evoluzione. Non occorrevano rivoluzioni, anche perché il modello d'origine era stato via via aggiornato negli anni e, secondo i tecnici Volvo, sarebbe sufficiente prenderne il "meglio" e migliorarlo ulteriormente.
E così fecero, anche se l'evoluzione avvenne in modo differenziato: più netto per le versioni a 6 cilindri 260, più morbido per quelle a 4 cilindri 240. Utilizzando il pianale (più corto) e l'intera parte posteriore della carrozzeria della 140 modello '74, presero vita, con due diversi frontali, ridisegnati totalmente, le 240 e le 260. Le prime avevano mascherina in plastica nera e fari circolari incassati, le seconde una calandra cromata in rilievo (che sagomava anche il cofano) e grandi fari rettangolari. Anche gli interni, più eleganti e meglio rifiniti sulle 260, erano ripresi dalle 140 modello '74.
Sotto il profilo tecnico, sebbene la meccanica fosse la stessa delle serie precedenti, molto venne cambiato sotto la pelle. Facendo tesoro dell'esperienza accumulata col prototipo VESC del 1972, molte parti della scocca erano a deformazione controllata, i freni (tutti a disco) avevano quattro circuiti separati (due davanti e due dietro) ed il piantone dello sterzo era collassabile. I nuovi modelli debuttarono nel 1974.
Le 260
262C/264/265
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Volvo 264 |
Volvo262C |
La sigla 260 indicava, come da tradizione Volvo, la versioni a sei cilindri della serie. Abbandonato il vecchio motore delle 164 E, venne adottato il nuovo V6 monoalbero PRV di 2664cm³ alimentato a iniezione da 140cv, abbinato ad un cambio manuale a 4 marce. Lo sterzo era dotato di servoassistenza idraulica, mentre a richiesta si poteva avere anche il cambio automatico. Al momento del debutto era disponibile, sul nostro mercato, solo una versione: la 264 GL (berlina a 4 porte), dotata di un equipaggiamento molto ricco (completo di sedili in pelle). Nell'autunno del 1975 vennero lanciate anche le 264 DL e 265 DL (station wagon, inedita per la gamma 260), mosse da una versione a carburatore da 125cv del V6 PRV e meno riccamente equipaggiate. Nel 1977 arrivarono la 262C e la 264 GLE. La prima disegnata dalla Volvo e assemblata dalla Bertone, era una coupé (con tetto più basso e modificato nel montante posteriore e parte inferiore della carrozzeria identica alla berlina). La seconda vettura, che prendeva il posto della 264 GL, era una berlina meglio equipaggiata (cerchi in lega e aria condizionata di serie). La 262C, prodotta solo nei colori argento metallizzato con tetto rivestito in vinile nero e bronzo metallizzato con tetto in vinile beige, aveva una dotazione equivalente a quella della GLE.
Nel 1980 un restyling interessò frontale (calandra e fari leggermente ritoccati), coda (gruppi ottici ridisegnati), paraurti e interni. Con l'occasione la cilindrata del V6, ora disponibile solo in versione iniezione, crebbe a 2849 cm³ (155cv). La gamma venne ridotta a 4 versioni: 264 GL, 265 GL, 264 GLE e 262C. La 262 era disponibile in una serie più ampia di colori, con o senza tetto in vinile. Nel 1982 la Serie 260 lasciò il posto alla 760.
264 TE
A partire dal 1976 la Bertone produsse in piccolissima serie e su richiesta la 264 TE (sigla di Top Executive), una limousine con passo allungato riservata a ministri e Capi di Stato. La meccanica era quella delle versioni top della 264 con cambio automatico, mentre l'allestimento prevedeva, oltre all'allungamento del passo, una lussuosa dotazione di bordo. La 264 TE venne acquistata prevalentemente da alti funzionari svedesi e, curiosamente, della DDR. Venne prodotta fino al 1981.
Le 240
La serie 240 lanciata alla fine del 1974 rappresentava la versione a 4 cilindri e con allestimento (ed estetica) semplificato della 260. Il frontale era più lineare e meno "pretenzioso" di quello della 6 cilindri ed i motori erano gli stessi dell'ultima evoluzione della 140. Sul mercato italiano, dove le cilindrate oltre i 2 litri erano penalizzate dal fisco, le 240 conservarono la cilindrata di 1986 cm³, mentre in altri mercati era stata incrementata a 2127 cm³. L'alimentazione a iniezione era riservata alle più rifinite GL, disponibili solo in versione 244 (cioè berlina 4 porte), mentre non venne mai importata in Italia la berlina a 2 porte 242. La station wagon continuava a chiamarsi 245.
La gamma italiana prevedeva le seguenti versioni:
- 244 2.0 L (1986 cm³, 97cv)
- 244 2.0 DL (1986 cm³, 97cv)
- 244 2.0i GL (1986 cm³, 123cv)
- 245 2.0 L (1986 cm³, 97cv)
- 245 2.0 DL (1986 cm³, 97cv)
Nel 1980, su alcuni mercati come quello italiano e francese, un nuovo disegno rinnovò il frontale (rimodellato e reso simile, seppur non identico, a quello della 260, con fari rettangolari e mascherina in rilievo), la coda (ristilizzata come sulla 260) e gli interni, e la gamma venne completata con l'introduzione della versione con motore Diesel, un 6 cilindri Volkswagen di 2383 cm³ da 82cv. Questo motore andava ad equipaggiare le 244 e 245, negli allestimenti L e DL. Nel 1981 vennero presentate la 244 GLT, con motore a iniezione di 2316 cm³ (136cv) e le 244 Turbo e 245 Turbo, spinte da una versione con turbocompressore da 155cv del 4 cilindri 2 litri. Contemporaneamente gli allestimenti L e DL vennero rimpiazzati da quelli siglati GL e GLE. Il motore 2 litri aspirato venne potenziato a 106cv. La lunghezza del modello, che era arrivata a 4,90 metri, scese allora a 4,79 metri, con l'adozione di nuovi paraurti sempre del tipo ad assorbimento d'energia, ma più compatti ( mentre per gli USA gli stessi paraurti erano ancora un po' più lunghi ). Il frontale divenne meno squadrato e l'assetto fu abbassato di circa 2 cm facendo perdere alla 240 un po' della sua imponenza. Nel 1983 la denominazione del modello divenne semplicemente 240, tanto per la berlina che per la station wagon. Ritocchi a interni, frontale, paraurti e profili laterali accompagnarono questo passaggio.
Nel 1989, la gamma delle 240 a benzina venne semplificata: l'unico motore disponibile divenne il 4 cilindri a iniezione di 2316 cm³ da 112cv, dotato di marmitta catalitica, fatta eccezione per l'Italia dove proseguiva la vendita con il solito "2000". Nel 1992,sempre e solo per l'Italia, dopo il lancio della nuova 850, l'offerta di 240 venne ridotta alle sole versioni a benzina, denominate Polar (allestimento base) e Super Polar. La cilindrata, la solita 1986 cm³ e la potenza (con iniezione e marmitta catalitica) rimase a 112cv. Nel resto del mondo continuò ad essere venduta come "240" con finiture cromate, il motore "2300" e diesel atmosferico 6 cilindri "2400" ( eccezion fatta per gli USA, dove il mercato delle diesel, dopo un timido inizio degli anni '80, era crollato ), mentre in Italia erano solo disponibili le versioni "Polar" e "Superpolar" con gamma colori ridotta e con le finiture nero opaco. In altri paesi le versioni senza cromature venivano denominate "black-line". La produzione cessò definitivamente nel 1993.
Allestimenti
Le sigle dei livelli di allestimento interno, in base alla dotazione di accessori, avevano i seguenti significati:
- L: Luxe;
- DL: De Luxe;
- GL: Grand Luxe;
- GLE: Grand Luxe Executive;
- GLT: Grand Luxe Touring;
- GT: Grand Touring
- Classic (Germania, Svizzera, USA);
- Polar (Italia);
- Super Polar (Italia).
Nell'estate del 1989 le vendite della 240 SW sono ridotte al lumicino. Colpa della concorrenza interna della 740 e di quella di altre station wagon dotate di un prezzo più accessibile e di motori più moderni, prima fra tutte le Volkswagen Passat. Bisogna trovare il modo di spingere le vendite di questo modello che, stranamente, da usato va alla grande ed è ricercatissimo. Bisogna capire il perché.
Fornasero e i suoi allora si mettono sui numeri e trovano qualcosa di molto interessante. La clientela della 240 SW usata infatti è molto diversa da quella che l'acquista nuova: ha un reddito inferiore, è molto più giovane e contiene una percentuale di donne maggiore inoltre, dal punto di vista qualitativo, è estremamente evoluto perché e queste erano le due parole che oltre alla funzionalità e la robustezza che fanno parte del DNA di Volvo e dell'idea che si ha della Svezia e dei suoi prodotti, il famoso effetto "made in". C'è dunque una clientela Volvo "in pectore" che va intercettata con un prodotto calibrato per prezzo e caratteristiche.
IL NOME "POLAR"
Per identificarlo, Fornasero ripensa a una vacanzafatta in Svezia con una 240 SW che traina una roulotte di costruzione svedese che si chiama Polar e come marchio ha un orsetto. "Alla fine del viaggio - ricorda l'ex manager bolognese - chiamavamo Polar anche la vettura". Il modello da cui partire è perfetto perché non c'è nessuna Volvo più Volvo della è stato prodotto dal 1974 al 1993 in 2,8 milioni di esemplari, come nessuna altra vettura del marchio scandinavo - e altrettanto il nome Polar, perché identifica la provenienza decisamente settentrionale e si differenzia dai numeri usati per denominare normalmente i modelli. Per farla "svedese" poi occorre renderla funzionale al massimo ed essenziale, quindi interni in tweed scuro, corrimano neri sul tetto, solo 4 tinte disponibili (bianco, rosso, antracite e argento), chiusura centralizzata e motore 4 cilindri 2 litri da 109 CV per contenere il prezzo a 24 milioni di lire, ovvero come una Volvo usata e come una Passat nuova.
SUCCESSO PER LA 240
Nel marketing mix manca solo la comunicazione. Per lanciare la Polar, il budget è molto ridotto, anche perché la Casa madre osteggia il progetto della propria filiale italiana dandogli il via libera controvoglia. Fornasero allora sfrutta di nuovo il nome e l'effetto "made in" passando per iniziative mirate. La più indovinata è il viaggio organizzato fino a Capo Nord con una flotta di 10 auto per 20 giorni. Le immagini delle vetture con l'orsetto della Polar che Fornasero aveva trovato sulla sua roulotte, dotate di protezioni speciali e ruote di scorta sul tetto mentre affrontano i rigori degli inverni svedesi, accendono le fantasie degli italiani che, attraverso un concorso promosso da un noto mensile specializzato, fanno la fila per essere negli equipaggi che l'anno successivo rifaranno lo stesso viaggio. In Volvo si pronuncia Polàr, ma presto la gente comincia a chiamarla Polar e, dalle mille unità previste all'anno, in Volvo devono fare i salti mortali per consegnare le 5mila richieste dal mercato. Quando nel 1994 la 240 va fuori produzione, in Italia sono state 14.186 le Polar consegnate, 53 delle quali con il diesel 6 cilindri in linea da 2,4 litri di costruzione Volkswagen. La formula viene inoltre riproposta in altri paesi europei con nomi più o meno diversi, ma ricalcando gli stessi concetti. Il successo è raggiunto, non solo nei numeri assoluti, ma nel target perché il 48% dei nuovi clienti sono di conquista su Passat e il 33% dalle berline. Quel che è più importante è che la Polar si comporta davvero come un "brand master", in grado di fornire una pietra angolare all'immagine di Volvo nel nostro paese facendone il marchio delle station wagon. In poche parole: si era trovato il modo di promuovere al meglio il prodotto con il marchio e viceversa sfruttandone la "svedesità" per rendere esclusivo un oggetto essenziale eppure accessibile. Non è un caso che la rivista Forbes nel 2006, andando a indagare quali fossero le vetture possedute dai dieci uomini più ricchi del mondo, scopre che Ingvar Kamprad, il fondatore di Ikea, possiede una 240 GLE del 1993, molto simile nello spirito alla Polar.
SUPER POLAR E 940
Intanto nel 1990 Volvo rafforza la linea Polar con la Super Polar che offre una dotazione decisamente più ricca (ABS e interni in pelle, specchietti regolabili elettricamente dall'interno e riscaldabili, aria condizionata e alzacristalli elettrici anteriori e posteriori) con un prezzo di 29.900.000 di lire. Un controsenso? No, un completamento, soprattutto quando nel 1991 Polar e Super Polar propongono di serie il catalizzatore, un dispositivo che rafforza l'immagine di vettura che parla alla ragione e a un tipo di clientela intelligente, sensibile a valori diversi che oggi stanno trovando piena affermazione. Nel 1995 intanto c'è la seconda e ultima Polar, stavolta su base 940, ma sempre con lo stesso motore 2 litri da 109 CV che dura fino al 1997. L'obiettivo è però diverso: c'è da accompagnare la serie 900 alla pensione in attesa della 850 che non sarà mai Polar come del resto, contrariamente a quanto si crede, non lo è mai stata neppure la 740.